Dal primo luglio al primo agosto a Milano la mostra di Luisa Menazzi Moretti. Venti primi piani di uomini e donne in fuga
Sono ripresi a pieno ritmo gli sbarchi. Soltanto pochi giorni fa, più di mille nell’arco di 72 ore sono approdati a Lampedusa. L’emigrazione sulle nostre coste continua anche se noi non ce n’è accorgiamo più. Intanto i visi di dolore di chi scappa dalla crisi climatica e dalla guerra, rimangono impressi in venti grandi ritratti fotografici di rifugiati e richiedenti asilo. Venti primi piani di uomini e donne le cui vicende personali sono suggerite da un oggetto che portano con sé e nel ritratto ne diventa il simbolo. Un “libro–didascalia”, con titolo e fotografia di copertina, ma dalle pagine non scritte, anticipa a fianco di ogni ritratto le storie personali di ognuno, riportate per intero alla fine della galleria.
Una carrellata intensa di vite doloranti nella mostra che si potrà visitare, dal primo luglio al primo agosto, al Mudec (Museo delle Culture) di Milano. L’esposizione, frutto della ricerca della fotografa Luisa Menazzi Moretti, intitolata “Io sono”, prima di arrivare in Italia, è stata premiata nel 2017 all’International Photography Awards di New York e presentata al Sarajevo Festival Arts and Politics del 2019.
Il lavoro, realizzato in diversi centri della Basilicata nel corso del 2017, ha coinvolto migranti che provengono da sedici nazioni diverse: Afghanistan, Pakistan, Siria, Nepal, Gambia, Nigeria, Senegal, Egitto, Congo, Mali, Costa d’Avorio, Eritrea ed Etiopia. Luisa Menazzi Moretti li ha ritratti in posa, con la stessa tecnica con cui in altri decenni si ritraevano i cittadini della nuova società dello sviluppo, di cui cambiano però volti ed espressioni, che racchiudono in loro storie diverse dalle illusorie aspirazioni dei protagonisti di quegli anni.
«Ho incontrato persone arrivate nel nostro Paese alla ricerca di una vita migliore. Ho ascoltato i loro racconti, da poter tutti singolarmente essere trama di un libro. Insieme a moltissimi altri si confondono nell’indistinto afflusso di uomini e donne senza volto e senza storia. Non sappiamo nulla di loro. È difficile riuscire a concepire il loro essere innanzitutto individui prima che migranti», racconta la fotografa.
Una rigorosa compostezza formale per uomini e donne comuni in fuga dalle loro terre di origine. Una galleria di storie, più che di volti: narrazioni che si arricchiscono ogni giorno di una pagina nuova.
Perché i migranti non sono numeri, solo braccia per lavorare, sono persone, volti, nomi e storie e come tali vanno trattati.
«Le mie fotografie nascono quasi sempre da un sentimento di nostalgia che provo per qualcosa che sta svanendo, si sta perdendo: le lettere di un uomo giustiziato, le parole di un manifesto stracciato su di un muro, le case di una città che sta scomparendo, lo sguardo in un momento di sospensione dalla vita che sta per riprendere. Le mie foto non vogliono documentare la perdita, cerco di cogliere l’attimo che la precede», spiega la Menazzi Moretti.
La mostra è stata realizzata nell’ambito del palinsesto I talenti delle donne. Visitabile dal 1° luglio al 1° agosto 2021. Orari mostra: Martedì, mercoledì, venerdì, domenica: 10.00 – 19.30; giovedì e sabato fino alle 22.30. Ingresso: libero.
Pantografo ha raccontato nel passato diverse interessanti mostre che si sono tenute al Mudec, come la “10×10” (storie di artiste pioniere), “Robot. The human project”, “Animals” e “Chinamen. Un secolo di cinesi a Milano”.
Immagine di copertina: Mostra “Io sono” al Mudec. © Luisa Menazzi Moretti
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