Via libera del Governo al progetto della Rete unica delle telecomunicazioni
Spingere la banda ultralarga in Italia, portando la fibra nelle case e nelle sedi di tutte le aziende d’Italia. È questo l’obiettivo alla base del progetto di “Rete unica delle Telecomunicazioni” a cui stanno lavorando insieme Tim e Cassa Depositi e Prestiti con il via libera del governo.
Il progetto punta a mettere insieme tutti i “pezzi” di rete già disponibili sul territorio e soprattutto a colmare i gap esistenti con la posa di nuove infrastrutture attraverso l’integrazione di risorse e investimenti. Tim è la società capofila: l’azienda ha appena annunciato la nascita di FiberCop, una newco di cui detiene il 58% di proprietà in cui sono coinvolte anche Fastweb (4,5%), e il fondo americano Kkr (37,5%) che ha deciso di mettere sul piatto 1,8 miliardi per mandare avanti l’infrastrutturazione. Un memorandum di intesa è stato inoltre siglato con Tiscali che parteciperà all’iniziativa in prima battuta in qualità di partner commerciale, ma che non esclude di mettere in campo risorse proprie ed eventualmente anche di rilevare una propria quota.
FiberCop ha già una discreta dote: le risorse condivise già raggiungono l’85% della popolazione grazie alle tecnologie Fttc (in gergo tecnico fibra fino all’armadio, ossia non negli edifici) e Ftth (fibra fino a casa). Ma l’obiettivo è spingere l’Ftth per portare agli italiani una velocità di connessione di 1 Gbps.
La roadmap prevede di raggiungere, entro il 2025, il 76% delle unità immobiliari delle aree grigie e nere (città e periferie industriali), corrispondenti ad una copertura del 56% delle unità immobiliari del Paese.
Nelle cosiddette aree bianche (quelle più isolate) Tim proseguirà l’intervento di copertura ultrabroadband già in corso. Secondo la classifica Desi (il Digital Index della Commissione Ue) l’Italia è il terzo Paese sul fronte 5G, mentre arranca nell’ambito dell’alta velocità sul fisso (ossia sulla fibra) con una modesta 17ma posizione.
Ma FiberCop sarà solo una newco “provvisoria”: la seconda fase del progetto, quella più importante che porterà alla creazione della rete unica delle telecomunicazioni prevede la discesa in campo di Open Fiber, la società di Enel e Cdp (entrambe in quota con il 50%) attualmente coinvolta nella realizzazione delle reti in fibra pubbliche nelle “aree bianche” – l’azienda si è aggiudicata tutti i bandi Infratel – e che sta portando avanti anche un proprio piano di investimenti nelle città con una rete alternativa a quella di Tim.
Il progetto di rete unica delle Tlc prevede l’integrazione degli asset di Tim e Open Fiber (nonché di tutte le altre telco che vorranno partecipare al progetto in chiave di co-investimento) nella newco AccessCo (che andrà ad incorporare FiberCop più Open Fiber). Il tutto con la supervisione, e con tutta probabilità con la partecipazione diretta nell’azionariato, di Cassa depositi e prestiti a fare da “garante” della terzietà e della indipendenza della nuova società, che dovrà garantire piena concorrenza (sui servizi a questo punto e non più sulle infrastrutture) a tutti gli attori di mercato i quali dovranno poter accedere alle reti per poi fornire servizi ai loro clienti.
Solo quando e se AccessCo diventerà realtà si potrà dunque parlare di rete unica nazionale. Ma il se è d’obbligo: sul cammino ci sono parecchie incognite a partire proprio dalla decisione di Enel su Open Fiber. L’azienda finora si è detta contraria a un progetto di newco con Tim a fare la parte del leone: la telco guidata da Luigi Gubitosi vuole mantenere la “proprietà” ossia la maggioranza in seno al veicolo, con almeno il 50,1% di quota. Il verdetto di Enel è atteso nelle prossime settimane: il fondo Macquaire ha presentato un’offerta per rilevare la quota di Enel e se il progetto andasse in porto allora la strada verso l’integrazione in AccessCo sarebbe più in discesa. Ma per arrivare al taglio del nastro vero e proprio servirà il disco verde di parecchie autorità: Agcom, Antitrust e Commissione europea. Un cammino che necessiterà almeno di uno-due anni.
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