A Milano il ristorante che ha ricevuto il riconoscimento Food&Wine Italia Awards 2020
A pochissimi mesi dalla sua apertura il ristorante IYO Aalto ha già ricevuto il Food&Wine Italia Awards 2020, premio promosso da Food&Wine Italia – edizione italiana della rivista statunitense – per valorizzare le eccellenze nel settore del cibo, del vino, della mixology e dell’interior design.
Situato a Milano, nella piazza dedicata ad Alvar Aalto e al primo piano della Torre Solaria, IYO Aalto «(…) è un progetto in cui la collaborazione autentica e il dialogo approfondito tra il ristoratore e il designer interpretano nel modo migliore, unendo estetica e messaggio, l’essenza della proposta» dichiara la giura.
Una grande soddisfazione per Claudio Liu, proprietario del ristorante, e Maurizio Lai, l’architetto chiamato a evocare le suggestioni del Sol Levante in chiave contemporanea.
Nato in Cina, il giovane proprietario di IYO Aalto raggiunge molto presto l’Italia, dove trascorre la sua infanzia. Appena 18enne decide di lavorare con il padre al Ristorante Acquario a Milano. A 24 anni, nel 2007, decide di aprire IYO Taste Experience, primo ristorante di cucina giapponese a ottenere una stella Michelin in Italia. Grazie alla sua carta vincente – che risiede nella triade “impegno, passione, determinazione” – gli affari vanno bene, tanto che alla fine del 2019 apre IYO Aalto, la sua seconda insegna nel cuore di Porta Nuova.
Due chance: il sushi banco e il ristorante gastronomico. Nella prima cucina c’è il giapponese Masashi Suzuki. Le sue prime esperienze sono legate al paese di origine, dove di giorno è garzone di cucina e osserva il mestiere dei grandi maestri del sushi, di sera replica i medesimi gesti col pesce che acquista al mercato. Nel 2001 arriva a Milano, dove lavora nei migliori ristoranti di cucina giapponese. Fino a quando, nel 2018, inizia a lavorare per Claudio Liu. Oggi è sushi master di IYO Aalto e supervisor del sushi banco di IYO Taste Experience.
Il sushi banco di IYO Aalto è un luogo che riproduce fedelmente, per pochi intimi, lo spirito della tradizione dell’edomae zushi giapponese, un insieme di rituali che affonda le radici all’inizio dell’Ottocento. Qui i nigiri sono preparati davanti all’ospite e serviti uno alla volta. È un percorso che alterna sushi espresso a piatti cucinati al vapore o alla griglia. Al sushi banco Masashi lavora insieme a Luciano Yamashita, anche lui sushi master, e a Miwa Saito che assiste e a accompagna gli ospiti in ogni momento dell’esperienza edomae.
Per questo luogo Maurizio Lai ha disegnato una piccola e avvolgente sala per otto coperti: il banco è in noce canaletto, con piano di lavoro e piatti in porfido grigio-verde levigato, caratterizzati da sottili intarsi in ottone. Le sedute sono in pelle color cuoio con una struttura in olmo nero, mentre la parete di ingresso è realizzata con brise soleil in noce canaletto e lascia intravedere il ristorante gastronomico. Seduti al tavolo del sushi banco si gode della vista sul Bosco Verticale di Stefano Boeri e sulla Biblioteca degli Alberi di Petra Blaisse / Inside Outside.
Al ristorante gastronomico, che propone una visione della cucina giapponese in chiave contemporanea, troviamo invece lo chef Domenico Zizzi di origini pugliesi. Giovanissimo, dopo alcune esperienze nella sua terra, lavora in Germania, in Francia, in Thailandia e in Giappone. A Tokyo il suo talento viene apprezzato da nomi del calibro di Carme Ruscalleda e Heinz Beck. Dopo cinque anni torna in Italia per lavorare da IYO Aalto, dove esprime la sua creatività attraverso pietanze che interpretano una sintesi equilibrata fra cultura gastronomica asiatica ed europea. Tra i piatti proposti ci sono il Calamaro Fukuoka, il Piccione Viaggiatore e altri ancora.
La ricerca di un linguaggio essenziale, eppure coinvolgente, e la scelta del materiale naturale, quasi vivo, come elemento predominante, hanno condotto inevitabilmente l’ideazione e la realizzazione dello spazio a una convergenza con il progetto gastronomico
Maurizio Lai
Sono 38 i coperti del ristorante gastronomico, per il quale il progettista ha previsto un guscio caldo e accogliente nel quale tutte le superfici sono rivestite in noce canaletto, mentre il soffitto è costituito da lacunari in lamine di vetro float, reinterpretazione contemporanea dei soffitti a cassettoni. Tre cabinet lignei a parete – che presentano alcuni dei dettagli e dei materiali ricorrenti del progetto come le viti in ottone e il vetro – scandiscono lo spazio. Progettati su misura, sono circondati da una fuga che li fa apparire come sospesi da terra.
«La ricerca di un linguaggio essenziale, eppure coinvolgente, e la scelta del materiale naturale, quasi vivo, come elemento predominante, hanno condotto inevitabilmente l’ideazione e la realizzazione dello spazio a una convergenza con il progetto gastronomico», racconta il progettista.
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