In esposizione opere di livello assoluto come il ritratto di Giulio II o quello di Leone X, oltre a decine di disegni e schizzi di progetti architettonici
Alessandro Magno, Martin Luther King e Raffaello. Cosa hanno in comune tre personaggi vissuti a secoli di distanza l’uno dall’altro e in contesti totalmente differenti? La capacità di ispirare le generazioni loro contemporanee e quelle future, nonostante la scomparsa prematura a poco più di trent’anni. E nel caso del pittore rinascimentale si tratta di un’influenza che travalica il campo artistico e che, assieme alle capacità di un talento con pochi eguali nella storia dell’arte, hanno trasformato Raffaello in uno dei simboli della cultura italiana. Ma vista la statura del personaggio, come raccontare la sua storia in modo efficace? Partendo dai dipinti più noti come il suo autoritratto, il ritratto di Giulio II, quello di Leone X, l’estasi di Santa Cecilia e la raffigurazione della Madonna della Rosa, per arrivare a suoi disegni e studi di particolari anatomici.
Queste le premesse che hanno portato alla decisione del Mibact, fortemente voluta dal Ministro Dario Franceschini, di dar vita a decine di iniziative per celebrare l’artista urbinate a 500 anni dalla sua scomparsa prematura avvenuta nel 1520. Momento culminante sarà l’esposizione intitolata “Raffaello 1520 – 1483” che si terrà presso le Scuderie del Quirinale di Roma dal prossimo 5 marzo al 2 giugno. Un evento che mira a restituire il valore universale dell’arte del pittore che, per quattro secoli, è rimasta la base indiscussa del canone artistico occidentale. La mostra, realizzata in collaborazione con le Gallerie degli Uffizi, è curata da Marzia Faietti e da Matteo Lanfranconi.
Oltre duecento le opere raccolte negli spazi delle Scuderie del Quirinale per celebrare Raffaello.
Nello specifico saranno più di cento i capolavori autografi o riconducibili a ideazione raffaellesca tra dipinti, disegni, schizzi e progetti architettonici. A questi verranno affiancati altrettanti manufatti come sculture, documenti e codici, utili a definire il contesto in cui visse e ad aiutare i visitatori a comprendere il personaggio e la sua complessità. Inoltre, grazie a decine di collaborazioni avviate con importanti istituzioni internazionali, torneranno in Italia opere famose in tutto il mondo. Tutti elementi, questi, che hanno aumentato l’attesa per l’esposizione più completa mai realizzata sul pittore nato ad Urbino nel 1483. A certificare l’interesse un dato: circa 70mila i biglietti già acquistati in prevendita da parte di turisti e appassionati italiani e internazionali.
È Marzia Faietti, curatrice, a raccontare cosa rende contemporanea l’arte di Raffaello. «La sua è una pittura meditata, sublimata, che contiene tanti e stratificati livelli di lettura. Questo permette ad ogni osservatore, dal più semplice al più colto, di ammirarne aspetti e qualità diverse. Inoltre ciò che intriga è la sua professionalità e la capacità di spendersi. Il suo messaggio più moderno? La pace. Un elemento che si individua chiaramente ai Musei Vaticani dove si trova “La scuola di Atene” (in copertina ndr), dove persone di culture diverse dialogano fra loro».
Importante anche la squadra che ha lavorato per portare a termine un progetto di tale portata. Solo a Roma, città dove Raffaello ha realizzato il maggior numero di capolavori, sono state attivate collaborazioni con la Galleria Borghese, il Parco Archeologico del Colosseo e i Musei Vaticani. Tante le opere provenienti da oltreconfine. Fra queste la “Madonna della Rosa” dal Museo del Prado (Madrid), il “Ritratto di Baldassarre Castiglione” e “L’Autoritratto con amico” dal Louvre (Parigi), e il “Ritratto di Giulio II” dalla National Gallery (Londra).
Capitolo a parte merita la polemica sorta questi giorni in seno agli Uffizi sulla concessione in prestito del Ritratto di Leone X alle Scuderie del Quirinale.
Un atto che, un po’ a sorpresa, ha provocato la dimissione in blocco del comitato scientifico di uno dei complessi museali più importanti del mondo. Oggetto del contendere, la presenza dell’opera raffaellesca in un ristretto elenco di 23 manufatti reputati “inamovibili in assoluto per motivi identitari”. Secco il commento del direttore degli Uffizi, Eike Schmidt che ha definito la polemica «pretestuosa. La lista, infatti, si riferisce a beni artistici da non esportare al di fuori dei confini nazionali».
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