Interni a firma Gordon Guillaumier per il locale che coniuga storia e contemporaneità dentro Palazzo Nicolaci
Fino a diversi anni fa visitando l’ala aperta al pubblico di Palazzo Nicolaci a Noto, residenza nobiliare realizzata nel Settecento, la sensazione era quella di “entrare” nella storia, leggere le sue pagine – sociali e architettoniche -, immaginare gli sfarzosi scenari di vita della nobiltà siciliana, senza tuttavia avvertire minimamente la presenza umana, se non quella della guida e dei compagni di visita. Una visita certamente entusiasmante per la magnificenza degli ambienti e per la fastosità del tardo Barocco siciliano, alla quale tuttavia mancava qualcosa: la vita.
Negli ultimi anni, tuttavia, Noto è diventata meta ambita di turisti provenienti da ogni parte del mondo, per non parlare dei siciliani stessi che finalmente riscoprono i tesori di quel territorio, riconosciuto nel 2002 come Patrimonio dell’umanità dall’Unesco.
Finalmente la vita è tornata anche nei “bassi” di Palazzo Nicolaci, popolati oggi da trattorie ed enoteche, da attività commerciali e ricettive. Proprio qui, dove un tempo insistevano scuderie e botteghe artigiane, tra le suggestive sale con volte a vela risalenti al Settecento, ha aperto il Ristorante Manna: un luogo affascinante dove i sensi del gusto e della vista vengono appagati ora da una cucina che declina in chiave attuale la tradizione siciliana, ora da un ambiente studiato nei minimi dettagli, dove l’atmosfera è avvolgente ed è evidente che la storia può felicemente convivere con la contemporaneità.
Roberta Assolari, Manuela Alberti e lo chef Gioacchino Brambilla, i tre proprietari provenienti da esperienze imprenditoriali individuali nel settore della ristorazione in Lombardia, hanno pensato a un nome che sintetizzasse la vocazione del locale: la “manna”, «un concetto elaborato da noi e ispirato alla citazione dei testi biblici», spiegano i tre. In uno di questi testi, per esempio, la manna fu miracolosamente inviata da Dio come cibo agli Israeliti nel deserto. Ma la “Manna delle Madonie” in Sicilia è anche qualcos’altro: la linfa estratta dalla corteccia di alcune specie di frassino, dotata di proprietà terapeutiche e usata molto spesso come dolcificante in pasticceria. Oggi Presidio Slow Food, in tempi recenti e con grande successo è stata reintrodotta nel settore gastronomico.
In cucina, dove troviamo Gioacchino Brambilla, c’è un’attenzione particolare a piatti semplici preparati con materie prime di stagione.
Il menu interpreta la cucina regionale, i sapori e i profumi mediterranei coniugando ricerca della qualità e tradizioni del territorio.
La sua filosofia, che poi è anche quella delle altre due socie? «In cucina non c’è nulla da inventare, ma si può essere rivoluzionari offrendo le materie prime fuori dal consueto: il territorio e la Sicilia ci aiutano tantissimo in tal senso», raccontano.
Gli interni sono stati concepiti da Gordon Guillaumier, architetto e designer maltese con base a Milano che negli anni ha realizzato a Noto e dintorni diverse ville private con garbo e attenzione al rapporto con il territorio.
Abile e acuto interprete degli spazi siciliani in termini contemporanei, per il Ristorante Manna ha disegnato un ambiente che introduce molti elementi vintage e oggetti della tradizione siciliana, lasciando l’antica struttura libera di esprimersi e di sprigionare la propria carica storica.
L’atmosfera degli interni è profondamente intrisa della creatività locale, basti pensare alle ceramiche di Caltagirone ai muri e alla pietra lavica per alcuni tavoli. Quattro grandi ambienti in successione – ognuno in qualche modo diverso dall’altro e comunque espressione di una visione comune – sono popolati da oggetti retrò, in particolar modo per quanto riguarda l’illuminazione e le sedute, elementi in ferro battuto, arredi in legno grezzo.
Sintetica, minimalista, brillante è la soluzione adottata per ospitare le bottiglie di vino: una “cascata” di aste di acciaio nero – con esili elementi orizzontali per alloggiare la “linfa di Bacco” – che dalla linea di volta di uno degli archi cade a terra come fosse la sua proiezione per punti sul pavimento.
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