Al terzo Forum della rivista Domus le idee per un futuro fatto di relazioni umane e città green
Nei giorni scorsi sulle pagine della rivista Domus è stata pubblicata la lettera di Jacques Herzog indirizzata al guest editor 2020 David Chipperfield, in cui l’architetto svizzero rispondeva che gli architetti non possono fare niente per far fronte alle difficoltà e alle catastrofi ambientali imminenti. Niente? Non si ferma qui l’indagine di Domus che su questo tema e sul futuro delle città ha concentrato ancora una volta l’attenzione con il suo forum.
Se si dovessero indicare 10 parole per immaginare il domani post-pandemico, probabilmente la maggior parte delle persone sceglierebbe termini come ‘speranza’ o, semplicemente, ‘fine’. Fine della crisi sanitaria, fine dell’isolamento sociale e personale, fine del confinamento fisico, con un agognato ritorno alla normalità. Ma quanto questa dovrà rispecchiare quella che c’era prima, o come invece potrà re-immaginata in modo nuovi ed innovativi, è la sfida alla quale ha voluto rispondere l’ultimo Forum di Domus, la storica rivista di design ed architettura fondata dal Gio Ponti nel 1928, che anche quest’anno ha raccolto al suo tavolo “virtuale” una ventina tra esperti, intellettuali, ricercatori e professionisti, per discutere delle 10 parole che potranno ispirare “il futuro delle città”.
Da resilienza a rete, da sostenibilità a solidarietà, passando per visione, istruzione, complessità, spazio, libertà e fragilità, i temi chiave che la pandemia impone di ripensare sono stati affrontati e declinati secondo le sensibilità di ciascuno, ma ciò che è emerso con forza, come ha ben riassunto Sarah M. Whiting, preside della facoltà di Architettura della Harvard Graduate School of design, è che
«la crisi del Covid contribuirà a ridefinire la nozione di “essenziale” nella nostra vista quotidiana. Tutti dovremo considerare l’impatto che avrà su di noi – ha continuato – quando si deciderà quali negozi “essenziali” dovranno rimanere aperti in centro».
Un’idea molto vicina a quella del suo collega Rahul Mehrotra, direttore del Dipartimento di pianificazione e progettazione urbana della stessa università, che si è invece soffermato sul fatto che il Covid non abbia fatto altro che mettere in luce le disuguaglianze che già erano presenti nella società (sappiamo ormai che la pandemia è stato un acceleratore di processi già in atto). Disuguaglianze che si mostrano anche in termini di metri quadrati disponibili sia negli spazi pubblici che in quelli privati, e che probabilmente saranno uno dei punti chiave delle future riflessioni di urbanisti ed architetti. «Le cosiddette “navi da crociera”, per riprendere una definizione di Rahul Mehrotra – ha detto ancora Whiting – navigheranno dove ci sarà più spazio, in case più grandi, lasciando dietro di noi gli appartamenti nelle città. Questo darà la possibilità ai giovani – ha proseguito – di rispostarsi nelle città, che fino ad anni più recenti hanno avuto affitti impossibili per loro. Vedremo una trasformazione anche in questo senso».
Potrà questo portare forse ad una maggiore solidarietà ed equità sociale, anche in Italia? Per Giovanni Fosti, presidente di Fondazione Cariplo, questo potrà avvenire solo se strutturalmente la solidarietà e le relazioni umane diventeranno parte integrante di politiche e azioni concrete.
«In momenti difficili come questo – ha sottolineato – pensando al futuro delle città, c’è da considerare se la solidarietà sia solo un plus dato da una somma di comportamenti individuali o se invece dovrà diventare una vera infrastruttura».
Relazioni sociali ma anche aziendali, d’altronde, nelle parole di Paolo Quaini, head of energy services del Gruppo Edison «la solidarietà è in fondo quello che ciascuno di noi desidera. Anche in un’azienda dove ci sono buone relazioni si performa meglio». In questo senso una collaborazione che già si può toccare con mano è nata a Milano, dove il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, che a brevissimo dovrà chiudere a causa del nuovo Dpcm e che oggi ha ospitato l’evento, metterà a disposizione i suoi spazi per vaccinare oltre 10mila cittadini, nonché aprirà i suoi laboratori a bambini delle scuole primarie e secondarie di primo grado per le loro attività didattiche, come ha spiegato nel suo intervento il direttore Fiorenzo Galli.
Sostenibilità sarà un’altra parola chiave del futuro, intesa come sostenibilità sociale, economica ed ambientale. Una città sostenibile, che dovrà ridurre al minimo il suo impatto ambientale, come ha spiegato Nicola Pianon di Boston Group Italia illustrando il caso limite di Venezia, assediata dal turismo di massa, dallo spopolamento e dall’effetto dell’acqua alta, che potrà però diventare un laboratorio concreto di sperimentazione ed esempio anche per altre realtà internazionali (si legga il focus su Venezia, sotto la lente del segretario generale Renata Codello). Un laboratorio che tuttavia la città di Taranto sta già cercando di portare avanti con il suo programma “Ecosistema Taranto” il quale, come ha illustrato il sindaco Rinaldo Melucci, cercherà di traghettare la città tristemente famosa per l’inquinamento provocato dalle acciaierie dell’Ilva, ad uno nuovo polo verde italiano. Citando il compianto scrittore e giornalista tarantino Alessandro Leogrande, che aveva dedicato innumerevoli pagine di libri e programmi radiofonici alla sua città, il sindaco ha detto
«ai figli bisogna lasciare radici e ali, e noi ci siamo ispirati a questo. E da qui a qualche anno vorremmo dire che il laboratorio di Taranto ce l’ha fatta».
Infine, dalla Cina arriva un suggerimento: «Credo sia importante riflettere, re-immaginare, ripensare come faremo in futuro – ha dichiarato nel suo intervento Wowo Ding, direttrice del Center of the Future City and Human Settlements della Nanjing University – se dobbiamo continuare a vivere così o se possiamo vivere meglio, e come dovremo ripensare lo spazio urbano. Non abbiamo ancora visto la fine insomma».
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